Edith Bruck, scrittrice e poetessa italiana di origine ungherese, rappresenta una delle voci più significative della letteratura della Shoah.
Questo volume offre un’indagine ad ampio raggio sulla sua opera letteraria e sulle sue esperienze cinematografiche e teatrali, allo scopo di interrogarne la rilevanza etica ed estetica nel panorama culturale italiano ed europeo degli ultimi sessant’anni, al di là della dimensione testimoniale.
Sulla base di prospettive ermeneutiche diverse, le autrici e gli autori degli undici saggi proposti sviluppano percorsi trasversali sui temi e sulle forme espressive ricorrenti in Bruck, nonché sulle questioni della memoria e della postmemoria, della narrazione del trauma, del translinguismo diasporico, degli approcci transnazionali e di genere.
Il libro si propone come un primo, necessario companion allo studio della figura e dell’opera bruckiana, e al contempo, come un contributo alla riflessione critica sulla letteratura dopo Auschwitz.
"Michela Meschini e Gabriella Romani hanno magistralmente curato questa silloge sull’opera di Edith Bruck rendendo merito a lei come all’intersezionalità che da sempre ne caratterizza la voce. La memoria messa al servizio delle arti vive nella scrittura affettiva di Bruck come testimoniano tutti i saggi qui raccolti."
(Stefania Lucamante, Università di Cagliari)
"In quasi 70 anni di scrittura e di testimonianza, Edith Bruck si è imposta all’attenzione come forse la voce più intensa e più incisiva, senz’altro quella più duratura, della memoria della Shoah in Italia. Questa bella raccolta di saggi sonda con grande chiarezza e acutezza tutta l’opera della Bruck, passando dal 1958 al 2024, dalla testimonianza alla finzione, dalla poesia alla prosa, dal teatro al cinema, dall’italiano in cui ha scelto di scrivere all’ungherese (ma anche allo yiddish e all’ebraico) delle sue origini. Ne emerge un ritratto critico poliedrico di una scrittrice di straordinaria forza e importanza."
(Robert. S. C. Gordon, University of Cambridge)